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16 dic 2019

INDUSTRIA 4.0: DALLA "FORZA LAVORO" AL "LAVORO INTELLIGENTE"

Industria 4.0: Dalla "forza lavoro" al "lavoro intelligente"

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L’Industria 4.0 (o Industry 4.0) prende il nome dal piano industriale del governo tedesco presentato alla Fiera di Hannover nel 2011. Questo piano prevedeva, e prevede tutt’oggi, una serie di investimenti per l’implementazione e l’ammodernamento del sistema produttivo tedesco (attraverso l’integrazione di “sistemi cyber-fisici” – cyber physical systems CPS – nei processi di industria) con l’obiettivo di riportare la manifattura della Germania ai vertici del mercato mondiale rendendola competitiva a livello globale (dominato attualmente da Stati Uniti, Cina, Giappone e Corea).

Ha inizio così la quarta rivoluzione industriale europea, vale a dire, il processo che sta portando alla produzione industriale del tutto automatizzata e interconnessa.

Dati, calcolo, connettività, cloud computing, analitica, touch, realtà aumentata, digitalizzazione, manifattura additiva, stampa 3D, robotica, comunicazioni, interazione machine to machine, interazione tra uomo e macchina.

Queste nuove tecnologie sono i pilastri della nuova era industriale.

Oggi solo l’1% dei dati raccolti dalle macchine viene utilizzato dalle imprese. Questi dati potrebbero invece essere utilizzati per ottenere vantaggi enormi perché possono essere analizzati con l’obiettivo di perfezionarne la loro resa, per immagazzinare e utilizzare l’energia in modo mirato, ottimizzando i costi e migliorare le prestazioni.

Anche il mondo del lavoro sta subendo gli effetti della quarta rivoluzione industriale. Oltre al “problem solving”, attualmente, le competenze e le abilità più ricercate sono il “pensiero critico” e la “creatività”. La rapida ascesa delle Smart Manufacturing (il nuovo modello di organizzazione delle attività produttive e logistiche basato sull’unione delle nuove tecnologie sopracitate) comportano infatti lo sviluppo di competenze e l’aumento di richiesta di figure professionali in grado di concretizzare il nuovo potenziale tecnologico. Non serve solo quindi un aggiornamento sull’impiego delle tecnologie produttive, sempre più evolute e intelligenti, ma anche sull’utilizzo dei nuovi strumenti digitali che si moltiplicano all’interno degli impianti.

Il lavoro, come nelle rivoluzioni precedenti, resta il tema centrale ma in quest’era perde la caratteristica di pura “forza” per acquisire quella di “intelligente”, cioè di lavoro che richiede non solo manualità ma soprattutto competenze specifiche su tecnologie analitiche e data science.

Ad oggi in Italia solo il 14% delle aziende ha davvero introdotto progettualità 4.0, vale a dire, sistemi informativi in grado di scambiare informazioni verticalmente dalle macchine all’ERP (o cloud) e con un buon livello di coordinazione delle informazioni lungo tutto il processo produttivo. Il 49%, invece, sta mettendo le basi, mentre circa un terzo (37%) si trova ancora in una fase iniziale e sperimentale.

Risulta marcato il divario tra piccole e grandi aziende.

La maggior parte delle grandi aziende, infatti, ha un piano di sviluppo delineato e ha già introdotto all’interno della propria realtà tecnologie innovative e di industria 4.0, sfruttando anche i benefici fiscali previsti. Le piccole e medie realtà, invece, hanno incontrato ostacoli lungo il percorso di adozione di tecnologie digitali e di accesso agli incentivi, dimostrandosi deboli in tema di strategia dello sviluppo.

In l’Europa, la Germania resta precursore e principale promotore dell’Industria 4.0, seguita dalla Francia e dalla Gran Bretagna.

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